Racconigi è piena di chiese. Ogni angolo è la scoperta di una cappella o di un campanile. Lui cresce in questo clima ed è molto facile immaginarlo attratto da quest’atmosfera sacra che lo porta a frequentare la chiesa dei domenicani come chierichetto.
Nel suo futuro non ci sono gli strumenti da calzolaio di papà, ma piuttosto il seminario, come futuro sacerdote.
Dev’essere aiutato economicamente, per affrontare gli studi, ma riesce a partire per Bra, dove inizia il suo cammino che lo porta poi a proseguire a Torino, sotto la guida di San Giuseppe Cafasso, il rettore del Santuario della Consolata e anima del Convitto Ecclesiastico, per la formazione di preti che lasceranno il segno nella storia della chiesa universale.
Siamo nel cuore dell’ottocento e questi sono gli anni straordinari dei cosiddetti Santi Sociali piemontesi, di cui Marchisio fa parte a pieno titolo. Va a Cambiano per un breve periodo come viceparroco, ma deve andare via a causa della sua sincerità con i parrocchiani che gli provoca non pochi problemi. Ancora una breve tappa a Vigone, poi arriva al paese in cui vivrà per ben quarantatre anni: Rivalba. La sua terra promessa, il luogo dove poter camminare, incontrare, predicare e fondare il nostro Istituto.
Immerso nel verde delle colline torinesi, diventa il suo punto di riferimento, per tutto il resto della sua vita.
Da buon parroco si occupa subito della sua Chiesa che vorrebbe tutta nuova, ma che potrà solo ristrutturare.
Il rapporto con i parrocchiani è sempre basato su un’estrema franchezza e sulla coerenza che fa coincidere il suo pensiero con le sue azioni. Questo suo modo di fare non è sempre facile da accettare, ma lui si muove come detta il Vangelo: “Sì, sì o no, no”.
Fa una vera e propria azione sociale, in linea con i tanti preti piemontesi che vogliono rispondere alle emergenze di povertà della propria gente.
Nel 1875 fonda la famiglia delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba. Al suo fianco, fin dagli inizi, una donna di Torino che segue il suo sogno di fondazione. Si chiama Rosalia Sismonda.
Decide anche di ristrutturare un castello millenario. Diventerà la culla della Congregazione, il simbolo di tutto ciò che si è sviluppato con il passare del tempo.
Inizia il lavoro della produzione delle ostie e del vino che diventeranno Corpo e Sangue di Gesù Cristo.
Oltre a questo, l’attenzione è tutta rivolta a ciò che riguarda il momento della Celebrazione Eucaristica, per dare la giusta importanza e bellezza al momento centrale della fede cristiana.
Per questa ragione le donne che si consacrano nella sua famiglia religiosa iniziano ad essere chiamate “le suore delle ostie”.
Nel 1883 d. Clemente apre una casa a Roma, facendo dire al papa Leone XIII: “Questa volta il Signore ha finalmente voluto pensare a sé stesso!”
Uomo instancabile non smette di predicare, di viaggiare, di alimentare lo spirito delle sue figlie, fino all’ultimo, il sedici dicembre 1903.
Lo stesso giorno sale in Paradiso con lui Rosalia Sismonda, segno di una sintonia perfetta e di una condivisione totale.